Lo stato della città. Napoli e la sua area metropolitana è un libro collettivo uscito nell’aprile 2016 per le edizioni Monitor. Un volume di 536 pagine, con 68 autori che comprende 86 articoli, saggi, storie di vita, grafici e tabelle. Da qualche mese esiste un sito con lo stesso nome, nato con l’obiettivo di rendere progressivamente disponibile l’intero libro, ma soprattutto di aggiornare con il passare del tempo tutti i contributi, a cominciare da quelli basati su dati annuali, per costruire un archivio in movimento delle questioni aperte nell’area metropolitana. Proponiamo a seguire un contributo inedito, pubblicato in questi giorni sul sito.
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Diseguaglianze e partecipazione elettorale a Napoli (2001-2016)
di Pietro Sabatino e Ciro Clemente De Falco
Di recente il voto nelle periferie delle grandi città italiane è tornato a suscitare interesse nel dibattito pubblico. In occasione delle elezioni comunali del 2016 (Istituto Cattaneo, 2016) si è fatto esplicito riferimento a una contrapposizione centro-periferia, in particolare nei casi di Roma e Torino: una contrapposizione sia territoriale che socio-economica, con le aree centrali delle grandi città orientate verso i candidati dei partiti di governo e quelle periferiche che hanno premiato i candidati che si sono posti in aperta rottura con il sistema tradizionale dei partiti (nel caso di specie le due candidate del Movimento 5 Stelle).
Pochi mesi più tardi, le analisi dei risultati del referendum costituzionale, hanno ulteriormente alimentato il dibattito su questa linea di frattura. Una frattura sia a livello macro (Nord-Sud) che a livello micro, con il voto al No spinto dal malessere dell’elettorato dei quartieri periferici delle grandi città e il Sì che ha prevalso esclusivamente nei quartieri dove sono concentrati i ceti urbani medi e alti.
Sembra così essere tornata d’attualità una lettura dei risultati elettorali per aree centrali e marginali (Cox, 1969), legata cioè alla condizione socio-economica a livello “sub-comunale” (il quartiere, la circoscrizione), sia in elezioni di primo ordine (politiche) sia in quelle per la scelta degli amministratori locali, in particolare i sindaci. Tuttavia in un periodo storico in cui i tassi di astensione si sono attestati su livelli ben al di là di quelli fisiologici, diventa centrale porre la giusta attenzione anche sulla non-partecipazione al voto in un’ottica centro/periferia interna alle città.
Tanti i fenomeni che a livello locale, nella lunga fase della crisi economica italiana, possono avere influenzato una mobilitazione di elettorati differenti per istruzione, condizione economica e occupazionale: la crisi finanziaria di centinaia di comuni anche medi e grandi; la conseguente difficoltà a garantire livelli minimi di welfare e di servizi essenziali; il focus della comunicazione e delle campagne elettorali spostato sui nuovi media e sulle politiche simboliche; l’indebolimento delle strutture organizzative (sezioni, circoli, personale politico) delle organizzazioni politiche tradizionali a livello micro.
A Napoli l’analisi centro-periferia della partecipazione elettorale per la scelta del sindaco e del consiglio comunale può essere interessante per almeno altri due motivi:
– Da una parte una discontinuità nelle coalizioni al governo della città, con l’arrivo a Palazzo San Giacomo di Luigi de Magistris nel 2011 dopo la lunga fase di difficoltà del centro-sinistra “tradizionale” della seconda giunta Iervolino;
– Dall’altra le caratteristiche peculiari delle elezioni locali nel Mezzogiorno, segnate da un ricorso massiccio al voto di preferenza ai candidati consiglieri, dalla presenza di estesi meccanismi di scambio e clientelari attivati grazie all’azione di “politici rionali” o di quartiere in grado di influenzare la destinazione di risorse pubbliche.
Quanto allora la riduzione dei trasferimenti ai comuni ha allontanato dal voto i segmenti più poveri e dipendenti da spesa e servizi pubblici locali? Come il passaggio dalle giunte di centro-sinistra a quelle “arancioni” ha (s)mobilitato elettorato nelle diverse aree della città? Quanto ha pesato questo contesto sulla capacità del ceto politico di costruire consenso su basi clientelari e di scambio?
Rispetto a tali domande l’obiettivo che ci si è posti in questo contributo è più circoscritto: verificare come la partecipazione al voto per le comunali a Napoli si sia modificata nel passaggio della crisi prima politica (del centro-sinistra) e poi economico-finanziaria; come questa variazione si sia distribuita tra unità sub-comunali (i quartieri) con differenti livelli di istruzione, condizione occupazionale e abitativa. In sintesi, verificare quanto votano centro e periferia (sociale) a Napoli, e in presenza di una differenza, descrivere le tendenze in atto. (continua a leggere…)
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