Prima presentazione napoletana di Vai mo. Storie di rap a Napoli e dintorni, libro di Antonio Bove e ultima uscita di Monitor Edizioni. Per l’occasione abbiamo organizzato, mercoledì 12 ottobre, un evento ai Quartieri Spagnoli, in piazzetta Rosario di Palazzo, in modo da presentare il volume coinvolgendo molti dei suoi protagonisti.
Alla serata, con l’autore, parteciperanno: Ekspo, Dj Uncino, Emcee ‘o Zi, Sha One, Pepp Oh, Lucariello, Reddog, Rob Shamantide, Zin, Domasan, Vinch, Dope One, Op. Rot, Castì, Callister. Musica dalle 20,00 a mezzanotte.
A seguire pubblichiamo un estratto dal secondo capitolo: Stile Posse.
Speaker Cenzou: «Sì, l’hip hop e le Posse sono stati mondi differenti, però è vero che una cosa è stata motore per l’altra. Se eri uno che non aveva nulla a che fare con la politica di base ma ti sentivi appartenente al mondo dell’hip hop, quando nei centri sociali si facevano serate rap ci andavi. E i due mondi si mischiavano. Poi lascia stare che c’era molta confusione, ma è normale, si trattava di una cosa non ancora definita. Fino a quel momento il rap lo coltivavamo in pochi, non c’era una vera e propria scena. In quel periodo ci fu un concerto al Genovesi occupato, in cui portai un pezzo che si chiamava Fuori il rap dai centri sociali, sarà stato il ’91, e mi ricordo che all’uscita trovai tutta la gente di Officina 99 che mi voleva ammazzare perché avevano saputo che c’era un ragazzino di tredici anni che cantava questa roba. Io, nel mio modo passionale, dicevo: “Perché prendete solo una parte di questo mondo e la usate a vostro piacimento? Perché allora non approcciate tutto l’universo hip hop?”. Questa cultura è talmente vasta e i suoi elementi sono così interconnessi che non si può prendere il rap e farne semplicemente il proprio megafono. Mi sembrava riduttivo e ingiusto. Dopo i primi minuti di discussione rimasero quasi affascinati dalla mia militanza hip hop e da lì è nato poi un sodalizio, un amore che andrà avanti negli anni e che ha prodotto tante cose». […]
Polo: «Tanti gruppi rap italiani furono accomunati nella definizione di Posse, in realtà già allora si vedeva la differenza tra modi diversi di interpretare il rap. In quel periodo, durante un raduno a Bologna sotto la neve, ci furono mazzate terribili: da una parte i Fuckin’ Camelz, gli OTR e dall’altra gli Assalti Frontali, i Lion Horse Posse. Una vera e propria battaglia tra b-boys e rapper dei centri sociali. Il problema nacque perché qualcuno fece una strofa in cui si usava un’espressione tipo “figlio di puttana” e le femministe bolognesi cominciarono a tirare bulloni sul palco. Cominciò uno scontro che finì per dividere il rap in due tronconi. Io stavo in mezzo, sono nato con i valori della Zulu Nation ma mi è sempre stato a cuore lo spirito sociale dell’hip hop, frequentavo i centri sociali ma stimavo molto i rapper…». […]
ShaOne: «Io ero un tipo abbastanza schivo. Quando mi sono confrontato con il panorama italiano, a metà degli anni Ottanta, l’ho fatto con i pionieri: Tony La Passera a Milano, Deemo a Bologna, tutti quelli che facevano parte della scena delle origini, rispetto alla quale io ero abbastanza in disparte. Non ero come NextOne di Torino, che aveva girato molto, era stato in America entrando addirittura nella Rock Steady Crew. Io sono sempre stato molto ancorato alla mia città, anche perché avevo anche altri interessi, legati all’arte, al disegno, ai miei studi. Non dico che l’hip hop fosse marginale, però lo vivevo nel mio contesto. In seguito, negli anni Novanta, ci sono rientrato perché sono stato quasi trascinato… e allora mi sono confrontato con le Posse, che hanno riportato alla ribalta il rap, anche se per uno come me le Posse non c’entravano molto con la cultura hip hop. Io avevo interiorizzato gli elementi di quella cultura: l’incontro, la rivalità, il confronto attraverso le regole di pace e fratellanza, i valori della Zulu Nation. Conoscendo Polo mi avvicinai alle Posse e portai dentro quella vicenda esperienze che erano profondamente mie. Le Posse fecero da traino anche per quelli che erano stati i pionieri in altre città. E così l’hip hop tornò a fiorire». […]
Zulù: «Il rap l’ho conosciuto per la prima volta in italiano, era Batti il tuo tempo degli Onda Rossa Posse. L’ho sentito nel ’90 a Roma, dov’eravamo andati con il collettivo che poi avrebbe occupato Officina. C’era una manifestazione dei sindacati, quello era il periodo dei bulloni, noi bullonavamo sempre i sindacalisti e non ricordo neanche più il perché… Andavamo alle manifestazioni sindacali come voce di contestazione, ci mettevano in coda al corteo e c’erano sempre tafferugli con il servizio d’ordine dei sindacati, che perdevamo regolarmente perché loro erano operai adulti e noi pescetielli di massimo vent’anni. Alla fine, sul palco montato in piazza per il comizio, dopo il terzo intervento del sindacalista di turno noi che stavamo in mezzo alla folla notammo dei tafferugli a bordo palco. Dopo pochi secondi scomparvero i sindacalisti e la scena fu occupata dai compagni di Radio Onda Rossa, tutti incappucciati e con le mazze in mano. Al centro, tre di loro non reggevano spranghe ma microfoni, erano gli Onda Rossa Posse e cantarono Batti il tuo tempo. Io rimasi scioccato. Sono passati venticinque anni ma io idealmente sto sempre là, sotto a quel palco, a bocca aperta…». […] (antonio bove)
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