Milano, 13 dicembre 2018. Alle prime luci dell’alba un’ingente operazione di carabinieri, denominata “Robin Hood”, irrompe nel quartiere Giambellino-Lorenteggio nella periferia sud-ovest di Milano. Diversi appartamenti occupati vengono sgomberati e messi sotto sequestro, tra questi anche la “Base di solidarietà popolare” di via Manzano 4, sede del Comitato abitanti Giambellino-Lorenteggio. Nove attivisti vengono arrestati con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’occupazione abusiva di alloggi. La Procura motiva le misure cautelari come prevenzione al tentativo del comitato di costruire una forma organizzata con l’obiettivo di sostituirsi alle funzioni istituzionali proprie dello stato.
La notizia viene diffusa dalle principali agenzie giornalistiche con l’implicito intento di mettere sullo stesso piano il ruolo che il comitato svolge all’interno del quartiere con il fenomeno del racket di compravendita delle case sfitte. Per rispondere alle accuse viene indetta nello stesso pomeriggio una conferenza stampa, durante la quale uno degli accusati, prima di consegnarsi alle forze dell’ordine, spiega le ragioni dell’attività nel quartiere: «Noi non è che cerchiamo delle case per delle persone, che poi diamo a qualcuno… Questo non è un mestiere, né un lavoro; noi qua ci occupiamo di solidarietà fatta dal basso, orizzontalmente. Non c’è una struttura piramidale o una gerarchia. È una cosa fatta da tutte le persone che vogliono mettersi insieme per essere meno deboli».
Gli stessi attivisti riconoscono nella pratica dell’occupazione una risposta spontanea e diffusa ai bisogni di persone che si trovano senza casa nonostante i numerosi appartamenti sfitti presenti in città. Il tema dell’emergenza abitativa è centrale a Milano, come del resto in tutte le grandi città italiane: le persone in lista d’attesa per ottenere una casa popolare sono circa ventitremila, mentre le case tenute vuote, spesso sfitte perché inagibili o in attesa di manutenzione, sono quasi diecimila tra quelle di proprietà di Aler, l’Azienda lombarda per l’edilizia residenziale, e quelle del Comune gestite da Metropolitana Milanese Spa.
Lo stato, che rivendica il suo ruolo centrale nella gestione dei problemi della periferia, è lo stesso, come sostengono gli attivisti del comitato, che si manifesta solo durante le campagne elettorali e nell’intervento di polizia attraverso sfratti, sgomberi e militarizzazione del territorio. Proprio per ribadire invece una presenza diversa e un altro modo di vivere insieme il quartiere, dopo la conferenza stampa, un corteo ha attraversato le strade del Giambellino.
Per capire le ragioni di un intervento così eclatante e per certi aspetti fuori misura, è necessario inserire questo episodio in un contesto più ampio: Milano e le sue trasformazioni. A partire dalle politiche urbane, che hanno accompagnato Expo 2015, Milano si trasforma radicalmente attraverso processi accelerati di gentrification, che stravolgono le identità dei luoghi e costruiscono un’immagine omogenea e stereotipata di città moderna, smart e competitiva. Questo sviluppo trova, però, delle resistenze nei quartieri popolari e negli strati più poveri della popolazione che diventano l’obiettivo da una parte di politiche di riqualificazione (i rammendi di Renzo Piano) e dall’altra di repressione (sfratti, sgomberi, distacco di luce e gas). Il quartiere popolare Giambellino-Lorenteggio rappresenta, all’interno di questa logica, uno dei principali centri di interesse dei nuovi processi di riqualificazione sia per la vicinanza ai luoghi della movida cittadina che per la costruzione della nuova metropolitana. Non a caso, sul quartiere si intrecciano interesse pubblico e interessi privati in un’unione indistinta, che assume forma materiale nell’elaborazione di un Masterplan, che porta con sé una riqualificazione non indolore degli edifici e degli spazi del quartiere, anche attraverso il tentativo di allontanamento della popolazione più vulnerabile.
Proprio in questo contesto nasce nel 2014 il Comitato abitanti Giambellino-Lorenteggio, che a partire dal problema dell’emergenza abitativa si pone l’obiettivo di contrastare il modello di trasformazione del quartiere contrapponendo un modo differente di vivere il territorio, basato sulla solidarietà e non sul profitto, con iniziative come il doposcuola per i bambini, i corsi di italiano per adulti e adolescenti, la mensa popolare, il recupero e distribuzione gratuita di cibo, la squadra di calcio maschile e femminile, i lavori di auto-recupero degli spazi comuni nelle palazzine fatiscenti, lo sportello di consulenza legale per regolarizzarsi, lo sportello di ascolto per donne in difficoltà, le feste popolari e altri momenti di socialità.
Nonostante gli eventi degli ultimi giorni, il Comitato non ha abbandonato il quartiere e i suoi membri sono stati tra i primi a denunciare l’ennesimo incendio, il secondo nel giro di poche ore, che domenica ha colpito l’edificio Aler di via Lorenteggio 181. Lo stabile, tuttora abitato da una decina di famiglie, dovrebbe essere il prossimo sulla lista delle demolizioni previste dal Masterplan. (gaia bacciola)
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