Dal 25 ottobre è in libreria nelle principali città d’Italia (qui indice e distribuzione) il numero uno de Lo stato delle città.
Dalla rivista pubblichiamo un estratto dell’articolo La battaglia del Guasto. Come Bologna normalizza gli spazi pubblici, di Matteo Lupoli e Stefano Miniato.
“Piazza Verdi nessuno è riuscito a pacificarla”, affermava un articolo del Corriere di Bologna di un paio d’anni fa. Teatro della rivolta di Bologna nel 1507, cuore della zona universitaria, luogo simbolo delle barricate del ’77 bolognese, da anni al centro del dibattito pubblico locale la piazza è oggetto di una narrazione polarizzante che vede da una parte gli studenti, i collettivi universitari, il “degrado” e dall’altra i comitati di residenti, la polizia, le ordinanze per il decoro. Crocevia geografico e politico, intorno alla piazza si sviluppano alcune delle più pittoresche vie del centro storico in cui differenti soggetti si muovono e convivono contendendosi talvolta lo spazio.
Piazza Verdi è attraversata da due assi principali, il più grande dei quali è via Zamboni, costantemente percorso da una fiumana di studenti; la parte che va verso Porta San Donato è un susseguirsi di aule studio, biblioteche, facoltà e altri servizi universitari come la mensa di piazza Puntoni dove si trova anche il Rettorato, sede del potere istituzionale universitario; nella direzione opposta via Zamboni arriva fino alle due Torri, simbolo della città e meta dei turisti in cerca delle “attrazioni” gastronomiche che negli ultimi tempi hanno cambiato la fisionomia commerciale del centro storico. A ottobre 2017 si registrava un ristorante ogni trentasette abitanti, ogni anno ci sono mediamente trentaquattro nuove aperture, con un incremento del quarantasette per cento dal 2009 (dati Camera di Commercio 2017). Questa vera e propria bolla si autoalimenta contribuendo alla narrazione della “Bologna city of food”, il progetto di marketing territoriale promosso dall’amministrazione comunale a partire dal 2015.
L’altro asse che taglia la piazza è costituito in una direzione da via Petroni, dove tantissimi bar e minimarket di giorno costituiscono l’alternativa alla mensa universitaria, una tra le più care in Italia, e nelle ore notturne giustificano il viavai di giovani e meno giovani intenti a bere e divertirsi, provocando le costanti lamentele dei pochi residenti rimasti, riuniti in piccoli ma influenti comitati antidegrado; dall’altro lato c’è largo Respighi dove da diversi anni un presidio fisso di forze dell’ordine, sedute all’interno di blindati, esercita una funzione deterrente nei confronti dei periodici eccessi di vivacità che caratterizzano la zona.
Sulla piazza si affaccia anche il Teatro Comunale dove hanno luogo concerti di musica classica e spettacoli. È al suo posto che sorgeva il Palazzo dei Bentivoglio distrutto a furor di popolo nel 1507. Nei giorni di apertura del teatro signori e signore in abiti costosi circolano con fare schivo tra i capannelli di studenti seduti in piazza, prima di varcare l’ingresso dell’imponente palazzo, tirare un sospiro di sollievo e affondare nelle poltrone della platea. Alle prime di spettacoli importanti accade spesso che in mezzo alla piazza, normalmente chiusa al traffico, spuntino taxi e auto blu intenti a trasportare gli avventori il più vicino possibile all’ingresso del teatro. Dalla parte opposta ancora un edificio dalla storia affascinante e controversa: le Scuderie di Palazzo Paleotti, tra gli anni Settanta e Ottanta mensa universitaria, occupata nel ’93 per pochi mesi dal centro sociale Il Pellerossa, in seguito bar-tavola calda con agevolazioni per studenti; dall’anno scorso con un restyling totale è diventato un locale dal nome lunghissimo: Scuderia Future Food Urban CooLab. Locale per studenti ma anche per turisti, bar e ristorante ma anche spazio per laboratori e co-working, menù a prezzi convenzionati per studenti ma anche cibo di alta qualità a prezzi alti. Quale portafogli avrà la meglio?
Tra il teatro e un edificio universitario c’è una via pedonale molto stretta che congiunge la piazza con i giardini “del Guasto” da cui prende il nome. Forse le dimensioni della via e dei giardini o forse la loro posizione all’ombra dei palazzi dell’università e del teatro, hanno fatto sì che negli anni via del Guasto diventasse un riparo per i tossici di strada, e si trasformasse in un buco nero poco attraversato dai residenti, ricordato nelle conversazioni quasi esclusivamente per il nauseabondo e costante odore di urina. In una città che da anni disinveste sulle politiche di riduzione del danno e i servizi a bassa soglia, è da questo angolo dimenticato del centro (e probabilmente grazie a questo) che ha inizio il più recente tentativo di riqualificazione della zona universitaria.
Il Guasto cambia volto
A giugno 2017 viene presentato il progetto Guasto Village per cui il Comune stanzia sessantamila euro e procede a un’assegnazione diretta. Si prova a cambiare il volto della zona universitaria affidandosi a un’idea di Peacock Lab, associazione “dedita al riutilizzo creativo di ambienti urbani dismessi o trascurati”, come risulta dal loro sito. Da diversi anni si assiste a un’assegnazione diretta di spazi pubblici a soggetti privati senza alcun bando, con politiche finalizzate al mero sfruttamento economico di strade, piazze e giardini. Per questo tipo di operazioni, in cabina di regia, troviamo sempre la stessa figura: Matteo Lepore, giovane rampante del Pd bolognese che nell’attuale giunta è assessore con ben sette deleghe (turismo e promozione della città, cultura e progetto nuove centralità culturali nelle periferie, agenda digitale, immaginazione civica, patrimonio, sport, rapporti con l’Università). C’è la sua firma in numerosi interventi di “rigenerazione urbana”, come le conversioni dei mercati rionali in spazi dedicati a intrattenimento e street-food, ormai tipico strumento di gentrificazione nelle metropoli di mezzo mondo.
“Arte, cultura, intrattenimento e ristorazione di qualità – si legge sul sito del Comune –: sono gli ingredienti della ricetta che il Comune, l’Università e il Teatro Comunale di Bologna hanno messo in campo per i mesi estivi con l’obiettivo di rigenerare la zona universitaria e renderla un luogo vivibile, accessibile, vivace e sicuro”. Con queste premesse, tra largo Respighi e via del Guasto trovano posto undici container adibiti a bar e punti ristoro con luminarie da sagra di paese, sedie e tavolini. Perché vengano scelti i container sono gli stessi organizzatori a dircelo: per fare come a Londra con il Boxpark di Shoreditch. Ma il perché vengano riutilizzati dei container a poche centinaia di metri da quello che fu il più grande porto al mondo è forse comprensibile, piazzarne undici in una stradina di un centro storico medievale è invece provincialismo o semplice cattivo gusto.
I prezzi sono quelli tipici di una zona della movida modaiola, lo si intuisce dai numeri a doppia cifra sulle lunghe liste di gin tonic scritte sulle lavagnette. Ma non sono solo i prezzi a far pensare che il nuovo volto della zona universitaria strizzi l’occhio a un diverso tipo di frequentazione, sospetta è anche l’idea di avviare un progetto che, stando alle parole dei promotori, avrebbe aperto i battenti alla metà di giugno per poi concludersi a settembre, in una zona attraversata soprattutto da studenti universitari che in quel periodo solitamente lasciano la città. A segnalare il processo di selezione compaiono presto anche elementi fisici. Il Guasto Village è nei fatti un distretto commerciale, aperto solo nelle ore serali mentre in quelle diurne delle transenne impediscono l’accesso alla via. Delle guardie private sorvegliano incessantemente la strada un tempo pubblica. Per rendere meno indigesta la vista dei container interviene la street art che, depurata dei suoi connotati più radicali, piace tanto all’amministrazione felsinea (celebre il tentativo di museificazione dei graffiti nel 2016, a cui Blu si oppose cancellando i suoi lavori dai muri della città). Tra i partner del progetto compare anche il Teatro Comunale. Per capirne meglio il ruolo abbiamo intervistato Mattia, musicista dell’orchestra, il quale ci ha detto però che «l’interazione con il Guasto Village non esiste. Esiste un’altra cosa. Il Comunale ha inaugurato l’anno scorso una serie di concerti sulla terrazza che si affaccia su piazza Verdi». Sembrerebbe allora che la presenza del teatro nel cartello dei promotori del Village sia soltanto un orpello. Riguardo all’apertura della terrazza e alla programmazione dei concerti, preceduti da cene, Mattia ci tiene a precisare che «l’obiettivo è creare un canale di accesso al teatro più informale», ma «a parte gli slogan, il Guasto Village non ha rapporti col Comunale». (continua…)
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